Intro
A Pain That I'm Used To
A Question Of Time
Suffer Well
Precious
Walking In My Shoes
Stripped
Home
It Doesn't Matter Two
In Your Room
Nothing's Impossible
John The Revelator
I Feel You
Behind The Wheel
World In My Eyes
Personal Jesus
Enjoy The Silence
Shake The Disease
Photographic
Never Let Me Down Again

Franz Ferdinand

“Fare musica per far ballare le ragazze”. Queste le intenzioni che in origine animano Alexander “Alex” Kapranos, voce e chitarra dei Franz Ferdinand, quartetto pop-rock scozzese di Glasgow formatosi alla fine del 2001. Insieme a Kapranos ci sono Nicholas “Nick” McCarthy (seconda voce/chitarra/tastiere/), Robert “Bob” Hardy (basso) e Paul Thomson (batteria). Il nome trae origine dall’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, assassinato a Sarajevo nel 1914. “Ci piaceva soprattutto il modo in cui suonava”, dice Hardy, “ci piaceva l’allitterazione”. “E’ stato comunque una figura incredibile”, continua Alex, “la sua vita, o perlomeno la sua fine, è stata il polo catalizzatore per la completa trasformazione del mondo… un perno storico”.
Il loro primo concerto ha luogo nel maggio 2002 durante un’esposizione organizzata da un gruppo di studenti della School of Art di Glasgow davanti a un pubblico di circa 80 persone, la maggior parte delle quali ballava.
Quindi Nick ed Alex pensano che sia il caso di cercare un posto più grande dell’abitazione di Nick in cui suonare, e lo trovano al sesto piano di un magazzino abbandonato prospiciente il fiume Clyde. Convincono il proprietario a dar loro le chiavi, lo battezzano “The Chateau” e viene attivato un allaccio abusivo alla rete elettrica.
Lo Chateau diventa il quartier generale dei FF, ma ben presto si trasforma in punto d’incontro in cui convivono manifestazioni d’arte ed esibizioni musicali delle band cittadine. La gente accorre sempre più numerosa, vino e alcoolici scorrono a fiumi. Ma alla fine arriva anche la polizia: scene di panico e fuggi-fuggi generale, tuttavia viene arrestato il solo Kapranos, uno dei pochi a non esser scappato via. Comunque le accuse sollevate – tra cui rischio d’incendio, attività di bar illegale e distrurbo della quiete pubblica – cadono, ma lo Chateau diventa territorio marcato.
Dopo essersi esibiti nel frattempo in altri locali (Flourish Studios, Stereo), finalmente lo Chateau trova la sua nuova dimora in un tribunale vittoriano (con annessa prigione) abbandonato da oltre trent’anni. Di nuovo, il posto viene animato con arte e musica. La gente accorre numerosa, l’alcool scorre e tutti ballano. Di nuovo arriva la polizia, stavolta niente arresti: dopo aver dato quattro avvertimenti viene staccata la corrente.
Emerge tuttavia un particolare interessante: facce in mezzo al pubblico provenienti dal confine meridionale. Il segnale che Londra aveva cominciato ad infiltrarsi a Glasgow. Naturalmente la cosa era tutt’altro che negativa, ragion per cui i FF decidono di far visita alla Capitale. Vi tengono alcuni show, Londra piace ed è una città ricca d’opportunità. La band tiene colloqui con più discografici finché non conosce Laurence Bell, proprietario dell’indipendente Domino Record Company: i quattro firmano il proprio contratto con la Domino nel giugno del 2003.
Già nell’estate del 2002 i FF avevano iniziato le a registrare il loro primo EP con l’intenzione di autoprodursi, ma è grazie alla Domino che nel settembre 2003 viene pubblicato "Darts Of Pleasure" che, per via di richiami al sound degli Interpol, vale alla band il nomignolo di “Interpol scozzesi”. La band trascorre poi il resto dell’anno a far da supporto a gruppi come Hot Hot Heat e gli stessi Interpol.
Nel gennaio 2004 è la volta dell’esplosivo singolo "Take Me Out", che scala la chart UK fino al terzo posto. E’ il momento giusto per registrare l’album di debutto: “Franz Ferdinand” viene pubblicato nel febbraio 2004 negli UK. Registrato a Malmö , in Svezia, sotto la guida di Tor Johannes (già produttore dei Cardigans), l’album vende tre milioni di copie di cui uno negli States, traguardo che convince la Epic Records a proporre un contratto di distribuzione da 1,5 milioni di sterline per l’America. Il videoclip di “Take Me Out” ottiene il Breakthrough Video Award agli MTV Video Music Award dello stesso anno.
L’enorme successo dei FF viene seguito da un tour di grande successo tra il 2004/2005, e dalla pubblicazione del secondo album di studio chiamato “You Could Have It So Much Better” nell’ottobre del 2005, anticipato dal singolo "Do You Want To".
Nel 2006 tornano in Italia per due date live: al Traffic Free Festival il 14/07 di Torino, e come supporter dei Depeche Mode il 17/07 a Roma.

Scarling

Accostando elementi di musica pop e goth ad un massiccio uso di chitarre, gli Scarling. sono il prodotto del chitarrista Chistian Hejnal (ex-membro dei Drummed) e della cantante Jessicka Fodera (a sua volta leader carismatica dei disciolti Jack Off Jill). I due si conoscono in un rock-club di Los Angeles e poche settimane dopo cominciano a scrivere canzoni insieme, cosa che li porta a decidere di metter su una band con cui proporre il nuovo materiale. La prima formazione risultava composta da Fodera e Hejnal più il batterista Garey Snider, il bassista Kyle Lime e il secondo chitarrista Rickey Lime.
Il gruppo pubblica il primo singolo, “Band Aid Covers The Bullet Hole” (prodotto da Chris Vrenna, ex-Nine Inch Nails), nel marzo 2003 per l’etichetta Sympathy For The Record Industry. La successiva versione su CD/EP (tre tracce) contiene la cover di un brano dei Radiohead, “Creep”.
Nel febbraio 2004 vede la luce il primo album degli Scarling., composto da sette brani della durata complessiva di 33 minuti, “Sweet Heart Dealer”.
Nell’estate 2004 Robert Smith dei Cure seleziona gli Scarling. come uno dei gruppi partecipanti (insieme, tra gli altri, a Interpol, The Rapture e Mogwai) al tour del suo Curiosa Festival. Smith ha descritto la musica del gruppo come “cupa, disperata, caotica, meravigliosa musica pop, sonorità da fine del mondo”.
Benché l’ascendente dei Cure sia evidente, è l’incontro tra le svariate influenze collettive – così come la capacità di creare canzoni attuali dal rumore e dal caos – ciò che conferisce agli Scarling. il loro sound caratteristico.
Successivamente, in conseguenza ad alcuni cambi di formazione, il duo originario trova i propri compagni d’avventura in Beth Gordon (batterista), Rickey Lime (chitarrista) e Derik Snell (bassista).
Dopo una serie di 7’’ per la Sympathy, gli Scarling. annunciano agli inizi del 2005 l’uscita del secondo album, “So Long, Scarecrow”, poi pubblicato nell’agosto 2005. Il singolo “We Are The Music Makers” ne è l’anticipazione.
Nel giugno 2006 è la volta di un altro EP di tre brani, “Staring To The Sun”.
Sempre nel 2006 gli Scarling. hanno continuato ad esibirsi tra l’America e l’Europa, supportando anche alcune date del tour europeo dei Depeche Mode. Il terzo album della band è in progetto per il 2007.
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Una dozzina d’anni orsono Roma e i dM si erano lasciati con l’amaro in bocca. Una data al Palaeur non propriamente sold out, un finale macchiato da un lancio di oggettistica su Dave che l’aveva irritato e aveva precluso alla folla l’ultimo bis. Da allora (si parla del Devotional Tour, naturalmente) Roma ed il sud italia anelavano un concerto dei Basildon’s Boys, e lo scorso 17 Luglio questa lunghissima attesa è stata ripagata con gli interessi. I Depeche Mode hanno offerto una prova muscolare, superba, definitiva, ai 42.500 presenti. In assoluto la data italiana con maggiore affluenza di pubblico (come sempre molto eterogeneo, si va dai pischelli di 16 anni agli ultraquarantenni) mai registrata nella lunga e straordinaria carriera di Gore & Co. Riscaldati dalla canicola (anche se per fortuna non eccessiva) e da un buon set dei Franz Ferdinand, peraltro accolti con calore dai più, il pubblico non attende che loro. E alle 21:33 inizia la Celebrazione. Terminerà centoventitré minuti più tardi di fronte ad ottantamila braccia ondeggianti nel climax di una potentissima versione di Never Let Me Down Again, mentre l’astronave/palco disegnata dal fido Corbjn sembra incendiarsi. In mezzo c’è la storia di questi non-più-giovani eppure attualissimi personaggi. E che sarebbe stata una serata da incorniciare lo si è capito subito. Dall’immane boato che accoglie Pain, dall’emozione distillata di Walking in my Shoes (voglio andare al Carnevale di Venezia vestito come la maschera proiettata sui video), alla cla-mo-ro-sa Stripped che avevamo sognato da tanto e che finalmente ci si para davanti e quasi non ci si crede. Delle nuove tracce John The Revelator fa un figurone, sarà difficile che nel tour che verrà i dM decidano di accantonarla, viste le reazioni tumultuose che suscita. Anche Precious viene proposta in versione ad altissimo livello di testosterone, e siamo già su livelli siderali. Un classico, nonostante la sua ancor giovine età. Suffer Well viene accolta con trasporto, e lo stesso Dave fomenta a dovere la platea (immagino che cantare una sua canzone e vederla così bene accolta non possa che inorgoglirlo). L’incantesimo sembra (dico sembra perché a me è piaciuta da matti) invece non riuscire per la solenne Nothing’s impossible, ma sono facezie. Pinzallacchere, direbbe il Principe De Curtis. Anche perché ci ci aveva già pensato Martin e la sua Home a farci salire il cuore in gola come se l'ascoltassimo per la prima volta. La folla ondeggia, reclama passione e fede. Che arrivano dritti in faccia come un eurostar lanciato su di una immaginaria TAV musicale. Si chiude in gloria, con una Shake The Disease acustica che riempie cuore ed anima, col Gesù personale e l’Enjoy The Silence che avremo sì ascoltato miliardi di volte, ma che ogni volta ricreano le stesse incommensurabili emozioni violente. Fino al salto nella preistoria synthpop della monumentale Photographic. Roma è ai piedi di Fletch, Gahan e Gore, come potevamo pensare accadesse ma non in questa dimensione. E non con questa magia.
Come il sangue di San Gennaro, il miracolo si ripete ancora una volta. Dio salvi e conservi i Depeche Mode

(Carlo Martelli)