In Chains
Wrong
Hole To Feed
Walking In My Shoes
It's No Good
A Question Of Time
Precious
Fly On The Windscreen
Little Soul
Home
Come Back
Peace
In Your Room
I Feel You
Policy Of Truth
Enjoy The Silence
Never Let Me Down Again
Stripped
Master And Servant
Strangelove
Personal Jesus
Waiting For The Night (Bare)

M83


Gli M83 (da Messier83), gruppo elettronico francese, nascono dalla collaborazione tra Nicolas Fromageau e Anthony Gonzalez, nel 2001.
Il loro primo lavoro, intitolato semplicemente M83, è del 2001 ma riscuote un grande successo solo nel 2005, quando viene ripubblicato dalla Mute Records.
Al primo lavoro segue nella primavera del 2003 il secondo disco, intitolato “Dead Cities, Red Seas & Lost Ghosts”. Alla fine del tour promozionale dedicato al nuovo lavoro, Nicolas Fromageau decide di abbandonare Anthony Gonzales, che ritorna in studio da solo per registrare il terzo disco, pubblicato nel gennaio del 2005 col nome di “Before the dawn heals us”.
Il 2005 è un anno di grosse soddisfazioni per l’artista francese: alla pubblicazione dell’album seguono in rapida successione diversi remixes, anche per artisti di fama mondiale. Si passa dal remix di “The Pioneers” per i Bloc Party (pubblicato nell’album Silent Alarm Remixed) al remix di “Protège moi” per i Placebo, a “Black Cherry” per Goldfrapp fino ad arrivare al remix di “Suffer Well” per i Depeche Mode.
Il passo successivo del percorso musicale di Anthony Gonzales è la scrittura e la registrazione di una serie di canzoni ambient, un sentiero già in parte esplorato nei primi lavori degli M83. Così a Before the dawn heals us segue Digital Shades Vol.1, realizzato con la collaborazione di Antoine Gillet e pubblicato nel 2007. Per la copertina si avvarrà di Laurent Francio, che ha lavorato in passato anche con artisti del calibro di Beck.
Il quinto lavoro degli M83 è Saturday=Youth, pubblicato nell’aprile del 2008. Gonzales si avvale nella registrazione di Ken Thomas, già noto ai devoti per aver lavorato su “Paper Monsters” di Dave Gahan, ma meglio conosciuto per il suo lavoro con Sigur Ros e Suede.
A questo si affiancano Ewan Pearson, già collaboratore dei Ladytron, e Morgan Kibby dei The Romanovs. Nella fase di promozione Gonzales dichiarò che la sua fonte di ispirazione in fase di composizione è arrivata dalla musica degli Eighties: “Credo che gli Anni Ottanta siano stati un bellissimo periodo per la storia della musica. Saturday=Youth è stata l’occasione per me di fare un tributo alla musica di quel periodo, ma anche alla mia gioventù, dato che il tema principale del disco è l’essere teenager”.
Da Saturday=Youth vengono estratti anche quattro singoli: "Couleurs", "Graveyard Girl, "Kim & Jessie", ed infine "We Own the Sky".
Il 2009 vede M83 fare da supporto prima ai The killers, nel corso del loro tour Americano, ed in seguito ai Depeche Mode, nel corso del loro tour europeo.
La primavera del 2010 vede la pubblicazione di due nuove canzoni, “Black Hole” e “Marion’s theme”, che, con altre cinque canzoni del suo catalogo sono presenti nella colonna sonora del film “Black Heaven” di Gilles Marchand.
(4)
   


Dopo tre anni dall’ultima (trionfale) visita capitolina, i dM tornano sul luogo del delitto. Il Tour of The Universe arriva infatti ancora nell’Urbe, riconciliando definitivamente la banda con la gens romana (e, aggiungiamo, del centro-sud del BelPaese), ammesso che l’assenza da Roma nella lunga parentesi post Devotional avesse avuto a che fare con le intemperanze di qualche cialtrone presente al Palaeur piuttosto che con le note difficoltà logistiche che spesso non portano i grandi tour al di sotto della linea gotica. C’è un nuovo album, c’è la voglia di esserci visto che (parole di Fletch, a cui non fa certo difetto l’onestà intellettuale) potrebbe essere l’ultima volta. C’è anche la curiosità che circonda Dave, ancora lui, stavolta alle prese con un tumore che lo ha costretto a cancellare alcune date ad inizio tour e che ha tenuto col fiato sospeso tutti quelli che ancora hanno la musica di questi cinquantenni riposta in un angolo del loro cuore. Il pubblico risponde all’appello addirittura con maggiore entusiasmo del precedente Touring The Angel, che già aveva realizzato un bel record, permettendo alla band di fare coi suoi due concerti en plein air i due maggiori incassi della prima metà del 2009 nonostante i prezzi tutt’altro che proibitivi, mettendosi alle spalle “mostri” sacri nostrani come Pausini e colleghe per l’Abruzzo e Tiziano Ferro. Un sintomo di buona salute, benché l’album nuovo, come era già accaduto col precedente, sia oggetto di valutazioni controverse da parte di molti dei fan di vecchia data. Si entra con buon anticipo, nonostante un cane lupo si ostini a cercare nelle mie tasche droga della quale non v’è traccia, ed è la prima volta che, con me, c’è anche mia figlia maggiore. La famigliola si completa con la mia siùra e mia nipote, donando così all’evento una certa dose di “empatia familistica”. Scritta così può sembrare una cazzatina, e forse lo è. Ma per me era un’emozione in più. Si entra, quindi, e ci si incontra con tante delle persone che in questi anni ho conosciuto e mi hanno conosciuto. L’atmosfera è di quelle rilassate, pacifiche. Folla eterogenea, ragazzi sui vent’anni e cinquantenni incanutiti, qualche immancabile curioso, metallari sfusi, famiglie (....) resiste qualche dark e intravedo persino un paio di punk, parecchie belle ragazze (come sempre) e fighettame sparpagliato. Fedele fotografia di come questa band abbia fatto convivere sotto lo stesso tetto persone dal background musicale così differente e, in apparenza, così distanti tra loro. Miracoli che solo la musica a volte riesce a fare. Il palco è massiccio, imponente come da tradizione ma meno strutturato rispetto a quello del TTA. Dominano i mega screen, una enorme palla sospesa e magica sulla quale passano ulteriori immagini ed il video wall alle spalle che trasmetterà le splendide proiezioni del fedelissimo Corbjn: il dM che non suona. Gli M83 fanno il loro come apertura, se li filano in pochi ed è un peccato. Le improvvisamente rigidissime disposizioni delle forze dell’ordine comunicano al promoter che il concerto deve finire alle 23:30, costringendo la band all’inizio anticipato (alle 21) anziché alle 21:30 come stampigliato sul biglietto. Molte centinaia di persone si scapicolleranno sulle scale mentre l’intro scuote la struttura dell’Olimpico e loro attaccano In Chains, altre ancora si perderanno Wrong, proposta subito dopo. Ma la festa ha inizio e Dave c’è, alla grande. Nonostante qualche imperfezione nell’intonazione, ci mette poco a carburare, e con lui i cinquantamila e passa dello stadio dell’Urbe. Nel parterre ci si dimena, si urla, si canta, sempre osservando quanto di bello c’è su quel palco. Ed è un sacco di roba. Il suono potentissimo è ben calibrato, e le tracce del nuovo album si susseguono alternate agli anthems classici sempre più a fuoco (Walking in My Shoes, In Your Room e I Feel You su tutte). Le nuove: Peace, si è già detto molte volte, dal vivo ha una marcia in più. La sua battuta è accellerata, lo stadio diventa una bolgia anche se alla fine non sono in molti a cantare. Le seminuove: Precious è titolo perfetto per una canzone che emoziona sempre, anche se nel 2006 la partecipazione del pubblico m’era parsa superiore. Ma c’è la botta di Fly On The Windscreen, arrangiata da DIO. E chi se ne frega se a ballare e cantare siamo solo noi cinquantenni (e le mie gherls, che non si fermeranno mai...) col brivido lungo la schiena e l’occhio lucido. La parentesi Goriana concede a Dave la giusta pausa, e allaga lo stadio di spleen con la sua interpretazione di Little Soul. Home è una delle più belle canzoni degli ultimi vent’anni e gli applausi a scena aperta sono sempre una bellezza per chi è su un palco. Martin se li gode tutti, coro finale dell’Olimpico compreso. Si vira verso il gran finale, e come nei fuochi d’artificio arrivano le bombe. Quelle per le quali uno starebbe sempre in guerra, quelle che la band non può fare a meno di eseguire perché sono canzoni che oramai appartengono più alla gente che non a loro. Dopo essersi sgolati (e meno male che words are very unecessary) con il più fragoroso dei silenzi, centomila braccia di cinquantamila braccianti a sventolare in aria nel campo di grano suggellano la fine del set. Ma la fine è ancora lontana. Tornano e spiattellano treperletre come Stripped/Master&Servants/Strangelove, con una semplicità e una forza che ha del sovrannaturale. Soprattutto Strangelove è stupefacente, tutto sembra tranne che sia stata scritta decadi orsono. Peccato che la solerzia di un funzionario di p.s. abbia privato la folla della proiezione lesbo-oriented stilosa che Antonino aveva predisposto (meravigliosa quella su Walking in My Shoes). Sembra la fine, ma c’è ancora spazio per Personal Jesus a scardinare mascelle e a convincere anche il più sospettoso su quel pulsante blues futurista che nessun gruppo ha mai nemmeno avvicinato. Si chiude con Dave e Martin a braccetto in I’m Waiting For The Night, e si è felici che Dave stia lassù. Ancora in gamba, nonostante tutto. Si esce, coi garretti a dura prova e la gola secca come il tavoliere in luglio. Le considerazioni finali lasciano spazio anche a cose “imperfette” come il mezzo casino di Martin nel break di ETS, o la voce di Gahan potente ma sempre meno incline a modulare verso il basso e più protesa alla forzatura, ai controversi svolazzi di Gordeno sui tasti e al cambio di tono del drumming di Policy Of Truth quando passa dal sintetico al reale. Certo, mi dico, c’è molta maniera in ciò che fanno, e non potrebbe essere altrimenti, ma questi signori spaccano ancora le natichelle a tanti baldi giovini che appena scoperto di aver scritto una buona canzone, e riempito di roboanti proclami i media più trendy, spariscono nell’anonimato più buio dopo un battito di ciglia (finte). Alla fine, tornando verso l’auto, guardo mia figlia maggiore e mia nipote poco più che ventenne, e non ho bisogno di chiedere loro se il concerto è piaciuto. Bastava guardarle in faccia per capire che, dopo due ore e mezza di tumulto, la gioia è ancora a portata di mano.

(Carlo Martelli)


 

   
   
   
 
 
 
   
 
 
   
 
   
 
 
   

 

 

WFTN

WIMS