Kaleid -intro
World In My Eyes
Halo
Shake The Disease
Everything Counts
Master And Servant
Never Let Me Down Again
I Want You Now 
Clean
Stripped
Policy Of Truth
Enjoy The Silence
Strangelove
Personal Jesus
Black Celebration
A Question Of Time
Behind The Wheel
Route 66

Electribe 101

Gli Electribe 101 compaiono agli occhi del pubblico nel 1989. Salutati  dal NME come avanguardia del movimento house britannico, in un’epoca in cui la house era sperimentale e ascoltata unicamente sulle radio pirata o nella scena underground, soprattutto club illegali.
Sono stati in grado di ottenere tre singoli (“Tell Me When The Fever Ended”, “Talking With Myself” e “You’re Walking”, tutti del 1990) nella top 40 e un album (“Electribal Memories”) nella top 20, ma ben presto persero qualsiasi illusione sul business, scoprendo che era più celebrità che musica.
Successivamente, nel 1992, si separarono dalla vocalist Billie Ray Martin per fare ritorno in studio su nuovi esperimenti musicali.
Quando gli Electribe 101 si sciolsero, i componenti rimasti decisero di lavorare con il nuovo nome di Groove Corporation. Hanno costituito una propria etichetta - la Cake Label - insieme ai compagni dubsters di Birmingham, i Rockers Hi Fi

  
Dopo le luci e le ombre delle date italiane del Music For The Masses Tour, tenutesi 3 anni prima, i Depeche Mode tornano nel 1990 in Italia con il loro World Violation Tour, oramai perfettamente rodato, e prossimo a volgere al termine. 
É durante una domenica soleggiata di novembre che i 4 di Basildon vengono a proporre al pubblico di Milano lo spettacolo teso a promuovere quello che a tutt’oggi resta il lavoro più convincente del gruppo, Violator. Un album che, caso raro quanto inusuale per i Depeche Mode, sembra aver almeno in parte messo d’accordo critica e pubblico.
Quel giorno a San Siro si gioca Inter–Parma (finirà 2-1), ma ben prima del fischio d’inizio, a qualche centinaio di metri di distanza, 300 fan sono già assiepati dinanzi all’unico cancello del Palatrussardi con il chiaro intento d’accaparrarsi i posti migliori. E con loro, numerosi venditori ambulanti con le loro T-Shirt, i loro poster, le loro sciarpe rigorosamente non originali a trasformare in business quella che non é più una semplice mania, ma un vero e proprio culto per migliaia di giovani. Un’ossessione che sfocerà quasi in violenza all’apertura dei cancelli, con scene indegne d’un pubblico civile...
Il concerto é sold-out già da diverse settimane e senza l’ausilio della pubblicità; i bagarini fanno affari d’oro, l’attesa é spasmodica. Sono circa 10.000 i fans accorsi a Milano, molti ignari della scaletta, smaniosi di vedere cosa Gore e compagni avranno in serbo per loro. E così dopo aver riempito il palazzetto in ogni ordine di posto, ed essersi sorbito il concerto del gruppo spalla, gli Electribe 101, passati praticamente inosservati (ma non a Parigi, dove a causa del lancio d’oggetti, la cantante si era rifiutata di salire in scena per la 3a e conclusiva data), il pubblico comincia a scandire sempre più forte il grido “Depeche Mode, Depeche Mode”. E quando sono da poco passate le 21, si spengono le luci fra il tripudio generale.
Le prime note sono quelle dell’intro strumentale, Kaleid, brano che figura come lato B del singolo Policy of Truth e che viene proposto in una versione superlativamente remixata. É un gioco di luci spettacolare, che illumina la grande rosa rossa di Violator disegnata su un drappo gigante, a scandire il ritmo, fino a quando Andy, Alan e Martin salgono in scena accolti dai boati dei fans. Termina Kaleid; la bolgia é indescrivibile; il pubblico grida a squarcia gola “Depeche Mode, Depeche Mode”, fino alle prime note del brano d’apertura del concerto vero proprio: sarà “World in My Eyes” ad aprire le danze (e proprio il caso di dirlo), in una versione leggermente riarrangiata rispetto a quella che i Modies avevano proposto fino ad un mese prima in giro per il mondo. E dopo le prime note, eccolo salire in scena Dave, il frontman che tutti aspettavano: aria spavalda, sicuro di se, come chi sa di poter trasformare una delle tante date del tour in un concerto indimenticabile. 
Eppure, é proprio lui, o meglio la sua voce a non convincere: fin dalle prime strofe, “let me take you on a trip...” si capisce che la voce di Gahan ha risentito, almeno in parte, dei 6 mesi di tournée. Ma non importa, si va avanti, il pubblico canta a squarcia gola con lui. Il maniera in cui World in My Eyes é proposta é davvero convincente, e allora tutto va bene, perché se questo é l’inizio, figuriamoci cosa ci aspetta... E non abbiamo torto, perché il meglio deve ancora venire. Il brano d’apertura si chiude, e Dave ci saluta alla sua maniera “Oh Thank you... Good evening Milano”!!
Parte il brano successivo, Halo, in una versione che non si discosta molto dalla versione dell’album. Ma dopo le prime note, Dave, fino ad allora abbastanza statico, scaraventa via l’asta del suo microfono, e comincia a dimenarsi in lungo e largo per il palco. Il pubblico é in visibilio, l’atmosfera é elettrizzante.
Il pezzo che segue, Shake The Disease, un classico dei DM, sembra portare un pò di calma, ma é un’occasione per cantare a squarciagola “Understand me, understand me” e far sentire alla band tutto il calore del pubblico milanese. E si giunge così alla prima grossa sorpresa della serata. Le prime note del brano successivo non lasciano dubbi: l’arrangiamento sarà pure in chiave house, ma è impossibile sbagliarsi. É proprio Everything Counts, rivisitata sulla falsa riga dei remix che Mark Saunders con Tim Simenon e Alan Moulder avevano proposto due anni prima. Remix che al tempo della loro uscita furono accolti con reazioni contrastanti, fra ammirazione e scetticismo... Ma la versione che i Depeche propongono del loro cavallo di battaglia al pubblico del Palatrussardi é quanto meno spettacolare, e vede tra l’altro Alan impegnato alle percussioni per riprodurre alcuni suoni particolari. Semplicemente stupenda. É con grande calore che il pubblico alla fine riprenderà in coro “The grabbing hands, grab all they can, everything count in large amounts”. 
Master and Servant fila via senza particolari sussulti, senza arrangiamenti particolarmente innovativi. E nulla lascia presagire quello che sarà uno dei momenti più straordinari del concerto: partono le prime note di “Never Let Me Down Again”, in una versione che prende spunto dal celebre Agro Mix. Sound ossessivo, quasi martellante, con Dave mattatore sul palco a scandire il ritmo della versione proposta. Ci si può chiedere se alla fine non risulterà il miglior brano del concerto, una rielaborazione cupa ma straordinariamente ricca d’emozioni. Una versione da brividi, probabilmente mai eguagliata nelle successive tournée.
Dopo tante emozioni ed energie profuse, é il momento d’abbassare i ritmi e rifiatare. Giunge il momento di Waiting for the Night, in una veste abbastanza tradizionale, che sarà chiusa con lo stupendo assolo vocale di Martin, a cui il resto della band lascia campo libero. É proprio il suo momento; e la mente dei Depeche Mode impugna la chitarra per proporre due brani. Si inizia con una sorpresa che spiazza tutti, I Want You Now, tratto dall’album Music For The Masses (che tutto era, tranne che per le masse..). Stupenda esecuzione, accompagnata dal pubblico che non lascia mai solo il proprio beniamino. Dopo un breve e pacato “Thank You”, Martin ci propone il secondo brano, é nuovamente spiazza tutti: chi mai si sarebbe aspettato World Full Of Nothing in versione acustica? Altra esecuzione densa d’emozioni e ricca di pathos, altro tripudio del pubblico milanese.
É il momento del ritorno in scena del resto della band, ma il ritmo resta basso. Si riparte con Clean, seguita a ruota dalla magnifica Stripped, particolarmente apprezzata soprattutto dal numerosissimo pubblico femminile del Palatrussardi. Sarà l’ultimo momento di calma prima del bis. Il rumore della batteria campionata fa da apertura al 3° singolo di Violator, la stupenda Policy Of Truth, in una versione anch’essa molto simile a quella dell’album, ma sicuramente godibilissima. Tempo di rifiatare? No davvero, anzi, quando la chitarra di Martin permette di riconoscere il brano successivo, la magnifica Enjoy The Silence, il Palatrussardi esplode letteralmente. Una versione remixata di 6 minuti circa, con qualche arrangiamento house, ma davvero convincente. Al termine dell’esecuzione, gli applausi sono scroscianti. É il momento di rallentare, ma solo un pò, con il primo singolo di MFTS, Strangelove: arrangiamento abbastanza fedele all’originale, ma che pur sempre coinvolge spingendo il pubblico a ripetere in coro “Pain, will you return it, I’ll say it again, pain”. Soliti applausi, ovazioni per tutti, ma non c’é davvero tempo per fermarsi ad apprezzare: perché il brano successivo non é altri che la fantastica Personal Jesus, in una versione mozzafiato a base di chitarre e tastiere. Si canta, anzi no, si urla e si balla senza tregua, fino a quando Dave ci invita a ripetere, anzi a gridare “Reach Out and Touch Faith”. Ma forse il nostro frontman ha fatto male i conti con il pubblico milanese, non si aspettava una risposta vocale così vigorosa, a tal punto da costringerlo, dopo la prima delle quattro ripetizioni, ad esclamare “Wow”! Un vero tripudio, ed al termine giunge il meritato riposo per i nostri idoli.
Che dopo qualche minuto tornano in scena per proporre il primo bis. Apre Black Celebration, in una versione che non presenta grandi spunti di novità, seguita da A Question of Time, caratterizzata dalla classica giravolta di Dave. Ma l’arrangiamento del brano é un tantino deludente, e non rende giustizia ad una canzone sicuramente tra le migliori dei Depeche.
Termina il primo bis, i Modies si ritirano ancora per qualche minuto per poter rifiatare, ma non di certo il Palatrussardi che si scatena in un “Saltellare, saltellare, eh, eh” che strapperà un sorriso d’ammirazione ad Andy al momento del ritorno sul palco della band. Si riparte con quell’ossessivo suono della batteria che fa da preludio a Behind the Wheel. Solita calorosa accoglienza, il pubblico canta con Dave fino a quando al termine del brano viene fuori la meddly che non t’aspetti: e via con Route 66. Un’americanata, forse? Poco conta, il pubblico gradisce e quando il brano finisce, e con esso il concerto, per i Depeche Mode c’é solo il tripudio e le ovazioni del pubblico. 
100 minuti davvero memorabili, forse il più bel concerto dei Modies nel nostro paese. Un peccato davvero non averlo immortalato con una videoregistrazione ufficiale: quel pubblico lì l’avrebbe davvero meritato.

(Giacomo Solazzo)


    

      
    
    
    
    
    
    
    

  

 

  
 
 

  
 - Stripped