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Intro
A Pain That I'm Used To
A Question Of Time
Suffer Well
Precious
Walking In My Shoes
Stripped
Home
In Your Room
John The Revelator
I Feel You
Behind The Wheel
World In My Eyes
Personal Jesus
Enjoy The Silence
Shake The Disease
Photographic
Never Let Me Down Again |
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Morrissey

Morrissey, alter ego di Johnny Marr, ovvero gli Smiths,
una delle band più importanti nella storia del pop
inglese. Difficile quantificare l’enorme influenza che
il gruppo di Manchester ha esercitato nella musica pop
mondiale a partire dalla fine degli anni ’80. Senza di
loro, difficilmente avremmo avuto gli Oasis, gli Stone
Roses e tutto il movimento del brit-pop. Una storia,
quella dei signori Smith, che nasce nel 1983 e nel breve
arco di cinque intensissimi anni riesce a consegnare 4
album più una quantità industriale di singoli e b-sides
di rara bellezza. Qualità e quantità altissime, con il
picco toccato da quel “The Queen is dead” riconosciuto
come uno dei dieci migliori album di sempre di una band
inglese. Con una carriera così bruciante e ricca di
soddisfazioni, inevitabile lo scioglimento, avvenuto nel
1987, al termine dei quali mentre il chitarrista Marr si
dedicherà a progetti alternativi ed a collaborazioni
illustri (vedi Oasis e Pet Shop Boys), Moz invece
intraprende con (ovvio) successo la sua carriera
solista, fatta di episodi artisticamente ineccepibili
come l’album di esordio Suedhead, Vauxall and I e You
are the quarrie, i migliori indubbiamente della sua
discografia solista, alternati però ad altre produzioni
che non sempre hanno trovato il consenso di critica e
pubblico. L’ultima sua fatica risale a quest’anno,
quando in primavera pubblica Ringleader of the
tormentors, disco pregevole che però non riesce a
bissare il clamoroso successo di You are the quarrie,
che vendette oltre 4 milioni di dischi in tutto il
mondo. Moz si imbarca subito in un grande tour mondiale,
che raggiunge l’Italia in più occasioni. Inizia all’Heineken
Festival di Imola, dove si esibisce davanti a 20 mila
persone anticipando gli headliner della serata Depeche
Mode. Prosegue poi a Milano e Pordenone per chiudere con
uno splendido show a Ostia Antica in una calda domenica
di luglio.
Goldfrapp

Goldfrapp: sono un duo, ma alzi la mano chi riconosce il
secondo componente a parte Alison Goldfrapp, formalmente
solo il 50 per cento, in realtà vocalist e frontwoman
capace di catalizzare su di se tutta l’attenzione di
fans e critica. Scoperti a inizi del nuovo millennio dal
talent scout Daniel Miller, boss della Mute Records, i
Goldfrapp esordiscono con un disco capolavoro. Felt
Mountain, che rimanda direttamente a tipo di musica
eterea e cinematografica, quasi da colonna sonora,
sbanca le classifiche grazie al singolo Lovely head,
fortunato jingle pubblicitario per lo spot BMW. Con il
secondo album la band effettua invece una decisa virata
verso sonorità più tipicamente electro-pop, con brani
molto più easy e danzerecci, che naturalmente ottengono
grande successo nei dancefloor di tutto il mondo. Nel
frattempo prosegue la trasformazione di Alison da
ragazza timida, quasi introversa, a femme fatale con una
carica sexy che bene è testimoniata nei video, negli
show e persino nelle foto dell’artwork del disco Black
Cerry. La strada verso il pop elettronico si fa
inarrestabile (e a questo punto definitiva) con il terzo
album. Supernature rappresenta una ulteriore spinta
verso il recupero di quelle sonorità e atmosfere che
hanno fatto la fortuna di labelmates come Depeche Mode,
Yazoo e Erasure. La band arriva in Italia ma rispetto ai
tour precedenti non effettua alcuna data come
protagonista, ma solo come opening act prima dei
Coldplay e poi all’Heineken Festival dove per
inspiegabili ragioni organizzative viene invitata a
suonare di primo pomeriggio. |
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Una bella serata fa da contorno a questa edizione dell'Heineken
Jammmin' Festival, che, finalmente, vede protagonisti i Depeche
Mode in toto, dopo la partecipazione del solo Gahan, due anni
fa. Partecipazione invero poco gloriosa, avendo il Nostro Dave
fatto "solo" da apripista per il vero headliner,
nientepopodimenocchè: Bon Jovi.
Purtroppo questa volta, per ragioni "geopolitiche", il ruolo di
gruppo spalla tocca agli Italiani Negramaro, nuovo gruppo
nostrano che tanto successo pare abbia avuto nelle charts.
Davvero un peccato, perchè in precedenza c'era stata una
magnifica esibizione di muscoli e classe ancora immutate del
grande Moz-Morrissey, 52enne ex Smiths, che, per statura
musicale e per la notevole storia avrebbe perlomeno meritato la
piazza d'onore in questo festival. Incomprensibile poi far
suonare i Goldfrapp, scuderia Mute, addirittura alle 15. Questi
sono matti...
Bella serata, dicevamo, per fortuna non troppo calda, essendo
stata la giornata coperta da provvidenziali nubi che hanno
contribuito a mantenere la temperatura sull'asfalto di Imola
entro valori accettabili.
Il concerto, iniziato con qualche ritardo, alle 9 e 20, dura
come previsto un po' meno delle solite due ore, terminando alle
23 e 10 circa.
Dalla scaletta, oramai consueta per la parte estiva di questo
Touring The Angel, sono state depennate Nothing's Impossible ed
il secondo brano solo di Martin Gore, che, verosimilmente,
poteva essere It Doesn't Matter Two, eseguita più volte nelle
date precedenti.
Su questa curiosa scelta degli organizzatori, di far decurtare
un concerto che, tutto sommato, non sarebbe durato molto di più,
ci sarebbe da meditare. Che differenza avrebbe fatto finire 10
minuti dopo? Mistero... e dire che, se non avrebbe significato
molto per l'organizzazione, per i fan, che poi sono quelli che
pagano, salato, il biglietto, sarebbe stata una gioia non da
poco. Ma evidentemente intero non ce lo meritavamo.
Pubblico comunque numeroso e molto caloroso, le cifre ufficiali
parlano di ben 30.000 paganti, forse poco per un festival, ma
davvero tanto per un gruppo abituato a suonare nei palazzetti
davanti ad una media di "sole" 10-15.000 persone.
Lo show, ben rodato oramai, dopo tante date, fila liscio con
solo un'incertezza all'inizio di Home, quando apparentemente
Gordeno sbaglia l'attacco della strofa e Gore si ferma un attimo
voltandosi, ma poi continuando come se nulla fosse.
C'è da rimarcare un Gahan in ripresa rispetto alle ultime
vicende che lo hanno visto alle prese con qualche acciacco alla
gola. La sua performance, scevra da eccessive forzature, ne
guadagna sicuramente rispetto a quando, forse perchè troppo
desideroso di strafare, va sopra le righe sbagliando
l'impostazione e l'emissione del fiato.
Anche i suoi oramai proverbiali ed irritantissimi urlacci sono
diminuiti. Meno male... ne guadagna la scorrevolezza delle
canzoni e la piacevolezza del seguire brani noti in binari più
consoni alle versioni vocali su disco.
A questo proposito, gli "highlights" del concerto sono stati
sicuramente l'esecuzione dei pezzi storici, quali Stripped,
Behind The Wheel, I Feel You, una magnifica Photografic, ripresa
dall'oblio per la gioia dei fan storici, e la degna e conclusiva
Never Let Me Down Again, gran finale, a differenza
dell'incomprensibile Goodnight Lovers, usata come chiusura nella
parte invernale del tour.
Non convincono A Question of Time, che meriterebbe un
arrangiamento molto più "pensato"; ancora Precious, che dal vivo
pare molto più complessa da rendere bene di quanto sembrerebbe;
ed infine Walking In My Shoes, che nella versione di quest'ultimo
tour risulta invero un tantino sciatta.
Discorso a parte per In Your Room, che i DM si ostinano a
riproporre in "chiave Butch Vig", ignorando completamnente la
mitica versione originale. Un vero colpo al cuore per il fan più
attaccato a quel periodo.
Sulla sufficienza le altre song, con una nota di merito per
Martin, sempre toccante nell'eseguire anche solo acusticamente
le sue bellissime canzoni. Con gli amici che avevo accanto si è
concordato nel ritenere ancora e solo lui il "cuore" dei Depeche
Mode.
Per concludere, notevole il suono, l'impianto del HJF si è
dimostrato ancora una volta ben tarato e molto potente, per ben
coprire la piazza che è davvero enorme. Da rimarcare come abbia
qui ben supportato l'ottima riuscita del concerto dei Depeche,
che, a differenza dell'orribile resa del Forum di Assago, a
febbraio, hanno finalmente avuto giustizia e giustificazione
della loro "trasformazione rock", che ben si addice agli spazi
garantiti da un festival all'aperto come questo.
(Gianluca
Corbisiero)
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Special MTV (APIUT/AQOT/SW) |
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