
Prima di arrivare al sodo è il caso di fare un piccolo passo
indietro, a questa estate, quando, a seguire l'uscita di Playing
The Angel, nuova buona prova di una lunga e fruttuosa carriera,
in Italia venne annunciata la vendita dei biglietti per la data
di Milano, poi raddoppiata, a causa delle pressanti richieste
dei fan agli organizzatori.
Parentesi doverosa questa, per esprimere tutto il rammarico, lo
sconcerto, e, non ultima, l'arrabbiatura della stragrande
maggioranza delle persone che hanno avuto a che fare per la
prima volta in un concerto dei Depeche, con Ticket One,
purtroppo l'unica autorizzata da Clear Channel alla vendita
degli agognati posti al Forum di Assago.
Non sarebbe giusto, in sede di recensione, dimenticare tutto
quello che abbiamo passato per poter entrare nella struttura
milanese in queste due fredde serate invernali.
Oltre al danno per molti di non essere riusciti a trovare i
biglietti, a causa di metodi di vendita piuttosto discutibili,
si è poi aggiunta la beffa di trovare un Forum praticamente
blindato, con una rigidissima divisione dei settori già prima
degli ingressi. Passi per i numerati, più costosi, ma così,
nonostante come al solito si sia cercato di arrivare presto per
poter occupare i posti migliori, ci si è ritrovati di fronte
all'amara realtà di aver pagato la stessa cifra di chi era in
platea, magari davanti al palco, ma di doversi sistemare nel
secondo anello, sempre a causa di quegli stessi organizzatori di
cui sopra, che si sono inventati questa balzana divisione in
settori di biglietti dallo stesso costo, ma venduti
misteriosamente non si sa in quale ordine e priorità. Come se
fosse praticamente un estrazione del lotto! Incredibile.
Ovviamente i Depeche Mode ed i loro entourage non hanno colpa di
ciò. Ma se qualcuno potesse fargli notare questi "inconvenienti"
perchè si adoperino per poterli evitare in un prossimo futuro
gliene saremmo eternamente grati.
Ma torniamo a noi.
Ho preso in prestito da un recente brano di Peter Gabriel
un'esclamazione che ben si addatta a definire l'esibizione dei
DM per questo Touring The Angel.
Showtime - Tempo di Show per questi allegri ragazzotti inglesi,
oramai un po' attempatelli, ma apparentemente ancora arzilli,
nonostante gli evidenti chili di troppo che si portano dietro
con disinvoltura, sorprendentemente, visto che l'occasione di
questa tappa milanese vede addirittura un grosso dispiegamento
di telecamere piazzate a riprendere il concerto per la
pubblicazione dell'ennesimo (ed ormai forse un po' troppo
scontato) DVD live.
Dicevo, strano che i tre Depeche, più i loro due compari di
avventure, Eigner e Gordeno, non abbiano cercato di rendersi più
presentabili per essere immortalati in un documento che rimarrà
a futura memoria. Davvero esagerata ed impossibile da non notare
la pancia di Fletch, il quale inutilmente tentava di nascondere
con un ampia giacca. Di profilo era davvero esilarante, chissa
di quanti mesi è... pazzesco.
Dopo questa piccola nota di colore, vorrei spendere due parole
anche per la scenografia. Sicuramente Corbijn si è sforzato
molto di più che per quella dell'Exciter Tour, ed in questo va
sicuramente apprezzato. Certo è che il solito tono estremamente
kitsch che contraddistingue tutte le sue creazioni comincia a
dare davvero sui nervi. Oramai ha trasformato un gruppo che
sapeva creare con delle particolari atmosfere un climax unico
durante i suoi live, in un fenomeno da baraccone, una specie di
circo muiltimediale colorato ed arricchito da simbologie dal
significato ai più oscuro e, perdipiù, odiato dagli stessi fan.
Vedi quell'orribile pupazzetto peloso che campeggia sulla
copertina di PTA e che si stagliava orgoglioso sul telo dietro
il palco. Non credo che nessuna copertina e simbolo abbiano mai
ricevuto più sberleffi di questi ultimi. Ma la rosa di Violator?
Ce la siamo dimenticata? Cosa si agita nella testa di quell'uomo?
E cosa in quella di coloro che sono chiamati a giudicare il suo
operato che verrà poi pubblicato con il marchio DM? Mistero...
Partiamo dall'inizio.
Dopo l'esibizione del gruppo spalla, i The Bravery, autori di
una mezz'ora di buona ma non certo originalissima new wave, va
in onda il dj set mixato da Gore. Una miscela di ritmi tecno/house
in stile tribal, molto coinvolgente ma... sorprendente! Perchè
il Nostro recentemente si era scagliato proprio contro certi
remix operati ai danni dei Depeche da certi sedicenti maghi
della console. Sorprendente ancor di più perchè negli ultimi
anni proprio Martin si cimenta sempre più spesso nell'arte del
djing, con buoni risultati. Allora perchè criticare e non invece
occuparsene in prima persona? Mistero...
Con buona puntualità si spengono le luci e parte l'intro-Spectre,
perdonatemi il gioco di parole. Qui va però notata la scarsa
partecipazione del pubblico, che, solitamente prima dell'inizio
martellava con i cori Depeche Mode-Depeche Mode e batteva le
mani... stavolta nulla o quasi...
Entrano sul palco i nostri beniamini, e, come oramai consueto,
Martin si piazza davanti con la sua inseparabile chitarra,
insieme a Gahan, mentre udite udite, il ciccio-Gordeno (ma
invero un po' dimagrito) si accomoda nientemeno che sulla
postazione al centro più alta! Sacrilegio! Non male per un
anonimo tastierista che nel '98 era partito in posizione
estremamente defilata sul palco.
Cominciano le danze con A Pain that i Used to, il campione di
"sirena che frigge" è identico al disco, compreso l'attacco
tagliato. Ma non si sono accorti dell'errore o è volutamente
così?
E così si prosegue con brani purtroppo identici, senza
riarrangiamenti, senza un minimo di rielaborazioni e
riadattamenti ad un concerto dal vivo. La scaletta va come un
treno, identica a tutte le precedenti esibizioni, tranne che per
Shake The Disease, in versione acustica, piccola sorpresina che
comunque non rialza le quotazioni di questi DM, che dal vivo
oramai si affidano ai successi supercollaudati, rischiando il
meno possibile.
Certo, la noia è bandita, complice una buona disposizione dei
brani veloci, ben lungi dalla moscia scaletta del tour di
Exciteriana memoria. Ma una progressione vivace non basta a
rendere buono uno spettacolo che sembra recitato apposta, senza
troppa convizione nè coinvolgimento.
David salta e si sgola, ma non appare in formissima, complice
forse un errore dei tecnici, la sua voce fino a metà concerto
fatica ad uscire dagli altoparlanti.
Altra nota negativa va all'impianto, diverso dal solito,
potentissimo ma molto meno efficace, visto che lateralmente
molta distorsione era udibile.
In questo non si veniva aiutati di certo dai pezzi di Playing
The Angel, notoriamente molto saturi già su disco, e che,
sparati a tutto volume, non facevano una gran bella figura. A
parte Precious, che appariva leggermente riarrangiata, molto più
lenta, e con un David in gramaglie nel cantarla. Probabilmente
la tonalità per lui non andava bene. Ma chi si occupa degli
arrangiamenti per il live?
Martin si muove in maniera impacciata, più del solito. Un paio
di stanche corsette su e giù per il palco e nulla più. Anche lui
non sembra dare molto. Pare contenuto, spento, pure lui
piuttosto ingrassato. Persino Andy, solitamente spiritato e con
le mani perennemente in movimento, rimane fermo, statico.
Chi invece si scatena sempre di più è il batterista, Eigner,
detto "sfasciacarrozze", per il suo drumming delicato e pieno di
sottili nuances. Pace per i brani più "rock", ma è necessario
pestare così forte anche su quelli che una volta erano
capolavori dell'elettro-pop?
Il pubblico pare intuire la serata non esaltante e non sembra
cantare ed applaudire più di tanto, gli unici cori degni di nota
sono quelli alla fine di Just Can't Get Enough, purtroppo
smorzati da Gahan... lo spettacolo deve andare avanti! Resta da
capire come mai si è recuperata una canzone del genere, che non
centra nulla con i DM di oggi. Come Everything Counts, eseguita
in malo modo, lontana parente di quello che una volta era il
loro cavallo di battaglia.
A Question of Time ha riscaldato molto i presenti, ma un finale
a tirar via spegneva gli entusiasmi.
Curiosa la macchietta dei bis, dove non c'è nemmeno stato
bisogno di richiamarli a gran voce... si sono ripresentati
velocemente come per dire... ce tocca... 'nnamo và...
E così via via fino all'assurdo finale di una Goodnight Lovers
emblematica nel dare la buonanotte agli amanti di quello che una
volta era un gruppo mitico ma che da diverso tempo non
ritroviamo più nei suoi panni. Ci dovremo abituare a vederli
così, in stile Cugini di Campagna? Manca poco al medley di
chiusura acustico, oramai non siamo più alla frutta... siamo
ampiamente al digestivo.
Tutto ciò mentre Gahan è al settimo cielo per aver potuto
presentare le sue canzoni in un concerto dei Depeche,
incredibile la sua sfacciata presentazione di Andrew Fletcher,
mai vista prima in questa forma di entusiasmo! E mentre i
ragazzi alla fine salutano insieme, dando segno di divertirsi
molto, e come non capirli? Fanno il mestiere più bello del mondo
e non devono nemmeno faticare molto.
E' chiaro che, come gli sportivi, il meglio lo si dà dai venti
ai trenta-trentacinque anni, ma, dove non si arriva con la
freschezza, si dovrebbe compensare con l'impegno. Cosa che manca
assolutamente.
In un mondo attualmente imnpegnato al riciclo del tecno-pop,
della new wave, del suono anni '80, sembra assurdo che proprio
la band simbolo di certa musica non abbia più voglia di dare
prova di sé dal vivo. Ad un buon album, molto elettronico, come
Playing The Angel, poteva e doveva seguire una tournee adeguata.
Ma i vizi e le mancanze che si protraggono nei concerti dal
post-Devotional oramai sembrano voragini incolmabili per un
gruppo che si chiama ancora Depeche Mode ma che assurdamente non
tiene affatto a meritare di esserlo.
(Gianluca Corbisiero)
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