Pimpf -intro
Behind The Wheel
Strangelove
Sacred
Something To Do
Blasphemous Rumours
Stripped
Pipeline
The Things You Said
Black Celebration
Shake The Disease
Nothing
Pleasure, Little Treasure
People Are People
A Question Of Time
Never Let Me Down Again
A Question Of Lust
Master And Servant
Everything Counts

Front 242


I Front 242 dei belgi Patrick Codenys (compositore, computer, sintetizzatori, chitarra e voce) e Daniel Bressanutti (programming e samples) si sono guadagnati una meritata reputazione all’interno della comunità industrial/avant garde in gran parte tramite una convincente serie di esercizi sperimentali sui suoni.
Originariamente il progetto Front 242 era composto dal solo Codenys - come fu per il singolo del 1982, “Principles” - ma poi divenne un trio assieme a Jean-Luc De Meyer e a Bressanutti. Le prime produzioni erano più in sintonia con l’elementare synth-pop di artisti quali gli stessi Depeche Mode e il gruppo non si esibì mai dal vivo fin quando non venne pubblicato “Geography”, il primo album ufficiale (1982). A tal proposito fu aggiunto un quarto componente, Geoff Bellingham, benché sia stato successivamente rimpiazzato dall’ex-roadie e membro dei concorrenti Revolting Cocks, Richard 23.
I Front 242 vennero elevati allo status di cult band con il successo di “Official Version” (1987). Quest’album introdusse quei ritmi intemperanti e militaristici che sarebbero poi diventati la loro firma caratteristica, oltre ad una diversità custodita da cenni alla disco ed al pop in altri brani. Non fu fino all’avvento di “Tyranny (For You)” (1991) che tutti gli ingredienti vennero sapientemente rimescolati ancora una volta, stavolta per instillare un suono armonico più cupo rispetto agli avvenimenti in corso (l’album arrivò nello stesso periodo della Guerra del Golfo e delle proclamazioni di un ‘Ordine di un Nuovo Mondo’).
Nel 1997 la band decise di intraprendere un tour mondiale per sottolineare le due ultime pubblicazioni, “Live Code” (album live, 1995) e “Mut@ge.Mix@ge” (album di remix del 1996 che include remix ad opera dei Prodigy, The Orb e Underworld). L’ultimo album di studio, “Pulse”, ha visto la luce nel 2003.

 
     A Roma c’era grande attesa per il debutto live dei Depeche Mode. Col Masses Tour infatti era la prima volta infatti che la band inglese suonava nella capitale. Biglietti esauriti in prevendita e gran fila ai cancelli sin dall’ora di pranzo. Come gruppo spalla, i Front 242, stimata band belga di E.B.M., che aveva appena dato alle stampe il suo disco più riuscito, Front By Front. L’atmosfera all’interno dell’Eur è elettrica. Le casse sono sistemate giù nel palco, e non appese in aria come invece succederà tre anni dopo col World Violation. L’acustica, notoriamente penalizzata all’Eur, ne guadagnerà tantissimo. I Front iniziano la loro esibizione quando gli spalti sono ormai stracolmi. Ci sono anche striscioni che arrivano dalla Sicilia, inneggianti a Martin Gore (Martin, we want your sex…). 
     Alle 20 in punto salgono sul palco i Front, applauditi dal pubblico. Purtroppo per loro, gli applausi si tramutano presto in fischi, e poi in boati di disapprovazione. 13.000 mila persone in coro a urlare Depeche Mode! Alla quarta canzone iniziano i lanci dal parterre. Non appena una bottiglia d’acqua (piena) sfiora la faccia del cantante, i Front 242 decidono che è ora di chiudere, e ritornano, stizziti a quanto sembra, nei camerini. Lo stage dei Dm è ancora coperto da un telo enorme in cui sono raffigurati dei megafoni, alcuni ragazzi della crew (uno aveva i capelli tinti di rosa e indossava una t-shirt del BC tour) smontano rapidamente la strumentazione (rigorosamente elettronica) del combo belga. E finalmente lo show ha inizio. Tra fumi e luci 3 Dm si materializzano dietro i synth, particolare importante perché nel live di 101 invece Gore farà il suo ingresso on stage accompagnato dalla chitarra. Gahan entra qualche secondo dopo, nel momento in cui inizia a cantare: My little girl, drive anywhere…. 
     Il concerto è splendido, l’acustica perfetta, l’atmosfera eccitante. Sotto il palco si scatena una danza selvaggia, e il sottoscritto è costretto a fare qualche passo indietro per evitare di finire spiaccicato contro le transenne! Per la prima volta Gore (mezzo nudo con le ormai famose bretelle metalliche), imbraccia la chitarra, esegue Pipeline sulla base di Stripped, canta AQOL e soprattutto the Things You Said seduto sopra una specie di tapis-roulant che lo porterà a pochi centimetri di distanza dalla prima fila. Un’ora e mezza di delirio totale, 18 canzoni tra cui l’inedita e trascinante Pleasure Little Treasure, con Everything Counts a concludere magnificamente una serata straordinaria. Per i Dm a Roma non ci poteva essere un battesimo migliore. Peccato che l’atmosfera nei tour successivi non sia più stata la stessa. Dal concerto è stato estratto un bootleg, purtroppo di cattiva qualità, dal quale però si può evincere l’entusiasmo e la magia che hanno fatto da contorno alla data romana. Enjoy.

(Mauro Caproni)


  

  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  

  

 

 
 

  
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