La malinconica e suadente Wishing (if i
had a photograph of you) e The More you live, The More You Love
rimangono i loro singoli di maggior spessore, senza però dimenticare
altri brani altrettanto validi anche se meno conosciuti come I Ran,
Space Age Love Song, (It’s not me) Talking, Who’s that girl. Con tante
band folgorate al primo album sulla via di Damasco e poi rientrate nei
ranghi, fanno eccezione i Devo, che invece compiono il percorso opposto.
Il 1980
infatti sancisce la svolta commerciale del gruppo americano:
dopo due grandi dischi in cui elettronica rock e sperimentazione si
fondono in un impasto sonoro irresistibile e unico nel panorama musicale
dell’epoca, con Freedom of Choice i Devo virano decisamente verso un
sound più leggero e accattivante. L’album viene preceduto dal singolo
Whip It, che diventa disco d’oro negli States e il cui video diventa uno
dei più trasmessi di sempre da MTV. Serve anche come traino per l’album
che infatti vende un milione di copie, accentuando i caratteri danzabili
e orecchiabili delle canzoni tra le quali spiccano Girl U Want, Snowball
e l’omonima Freedom of Choice. Con il successivo New Traditionalists e
soprattutto Oh no! It’s Devo la musica diventa puro techno pop lontano
mille miglia dal suono degli esordi, e il disco segue il filone
intrapreso da un paio d’anni, proponendo un muro sonoro zeppo di
elettronica molto ballabile. Gli episodi più interessanti si rivelano
Patterns, che presenta una bellissima linea di basso, e Big Mess.
La svolta “easy” della band di Akron incoraggia anche altre formazioni
statunitensi che in questo periodo cercano di ritagliarsi il loro spazio
nel mercato. Per esempio gli Our Daugher’s Wedding, trio newyorkese
formatosi nel 1977 sotto forma di chitarra, basso e batteria e poi
convertiti a sintetizzatori e drum machine (non saranno i primi…). Il
secondo singolo, Lawnchairs, ripubblicato per l’occasione dalla Emi nel
1981, ottiene ottimi riscontri, piazzandosi al 49° posto nelle UK charts
e addirittura al 31° nella classifica Billboard. C’è spazio anche per la
pubblicazione di un album, Moving Windows, che però si rivela un fiasco
commerciale e porta il trio allo scioglimento. Più lunga l’avventura dei
Men Without Hats, che esordiscono nel 1982 con il disco Rhythm of Youth,
contenente la celeberrima The Safety Dance, un hit anche qui in Italia.
Costruita intorno a un semplice ma insistente riff, la song diventa in
breve un classico della wave elettronica. Seguiranno negli anni
successivi altri album, senza che però il gruppo riesca a confermarsi a
quei livelli. In Europa intanto al gran banchetto del techno-pop
cominciano ad affacciarsi anche gruppi che non provengono dalla patria
Inghilterra.
In Italia, per esempio, accanto all’electro trash di personaggi come
Camerini e Rettore abbiamo la presenza di artisti seminali come
Alexander Robotnick, Gaz Nevada, Diana Est e Neon. Soprattutto la scena
musicale fiorentina è molto effervescente, con una miriade di band che
nascono nei primi anni della decade ispirate tutte dalla new wave
elettronica di stampo britannico. In Svizzera invece fioriscono gli
Yello, a cui va riconosciuto il record di durata di una band di
alternative techno-pop. A partire dal 1980 infatti il bizzarro duo
composto dal vocalist Dieter Meier – industriale miliardario, gambler
professionista e affermato giocatore di golf (!!!!!) – e dal musicista
Boris Blank comincia a sfornare sul mercato decine di singoli e album
che otterranno anche un discreto successo in termini di vendite. Si
comincia proprio dal 1980 con Solid Pleasure, da cui viene estratto
l’hit Bostich, brano che si poggia su un ritmo ossessivo e sincopato e
un cantato quasi in stile rap, con chiare influenze Suicide e
kraftwerkiane. Con Claro Que Si (secondo album targato ’81) il duo si
cimenta anche nei video. Il loro clip per il singolo Pinball cha cha
verrà inserito qualche anno dopo nel Museo Modern Art's Music Video
Exhibition. Seguono a metà anni ’80 gli album You Gotta Say Yes to
Another Excess (singoli I Love You and Lost & Found) Stella (Desire and
Vicious Games) e Flag, contenente l’hit internazionale The Race. Dopo
qualche anno di silenzio in cui la band si dedica esclusivamente ad
alcuni progetti cinematografici, gli Yello si rifanno vivi nel 1991 con
Baby, seguìto tre anni dopo da Zebra. Nel 1995 esce una raccolta di
successi remixata per l’occasione da artisti del calibro di Moby, Orb e
The Grid.
In Belgio invece i Telex dimostrano di aver ben assimilato la lezione
dei Kraftwerk. Si tratta di un synth-disco trio che nasce a Bruxelles
nel 1978 e si distingue per una sorta di Europop/disco uptempo con
melodie facili facili. Il loro album di debutto, Looking for
Saint-Tropez, contiene la mitica Moskow Diskow, tormentone di tutte le
discoteche continentali. Non si discostano dal primo lavoro i successivi
Neurovision (1980), dove c’è una song dal titolo Tour de France – e in
questo almeno i Telex hanno giocato d’anticipo sui maestri tedeschi - e
Sex (1981). In Germania ecco The Twins (duo composto da Sven Dohrow e
Ronny Schreinzer, niente gemelli, dunque) che non raggiungeranno la
popolarità di altre band teutoniche di synth-pop come Alphaville e
Camouflage, ma sono da ricordare come autori di alcuni singoli che hanno
fatto la storia del genere. Face to face su tutti, canzone che spopola
in Italia nel 1982 entrando nella top ten e diventando uno dei singoli
più venduti dell’anno. Stesso discorso per l’altrettanto celebre Not the
loving kind, presentata al Festivalbar, mentre nella madrepatria il
successo arriva solo con Ballet Dancer, datata 1984.
Ma il movimento, come è ovvio, spopola in Inghilterra, con decine e
decine di band che soprattutto nei primi anni ’80 spuntano come funghi
alla ricerca di un hit da classifica. Non tutte però sono animate solo
da propositi commerciali. Gli Heaven 17 (nati da una costola degli Human
League) portano avanti per esempio un genere musicale che sebbene possa
definirsi in senso largo techno-pop, abbraccia in realtà un discorso più
artistico con evidenti contaminazioni funky e soul. Le cartucce migliori
il trio capitanato da Martyn Ware (che negli anni ’90 produrrà gli
Erasure e diventerà partner di Vince Clarke in un progetto di musica
ambient) le spara con i primi due album: Penthouse & Pavement e The
Luxury Gap, che contengono le varie Play to win, We non need this
fascist groove thang, Temptation e Let me go. Ultimo disco degno di nota
rimane How Men Are del 1984, dove spicca la bella And that’s no lie
(soprattutto in versione 12 pollici). Una rapida comparsata invece la
fanno i Classix Nouveaux, band new romantic guidata dal leader Sal Solo,
emulo dei Rockets, che dà alle stampe un paio di album per poi
scomparire
altrettanto rapidamente. Is It a dream il singolo di maggior
successo. Ottengono invece buoni riconoscimenti anche da parte della
critica Howard Jones – il cui primo album Human’s Lib è una pietra
miliare del genere, dalla prima all’ultima canzone – e soprattutto i
Tears for Fears, esplosi letteralmente con il singolo Change e l’album
The Hurting (Mad World e soprattutto Pale Shelter), che si ripeteranno
nel 1985 con Shout, prima di deviare verso un pop più convenzionale, ma
non per questo meno raffinato ed elegante. Suscitano scalpore i Bronski
Beat di Jimmy Somerville, per via delle inclinazioni “particolari” del
trio, ma il disco The Age of Consente (il titolo fa esplicito
riferimento all’età minima per intrattenere rapporti omosessuali senza
essere perseguiti dalla legge nei vari paesi europei) è eccezionale, e
contiene brani che hanno fatto la storia degli anni ’80. Ricordiamo
Smalltown boy (celebre il video ma soprattutto la versione mix di 9
minuti), Why e le meno conosciute ma altrettanto valide Ain’t
necessarily so e Need a man blues. L’avventura però dura solo lo spazio
di un album, perché screzi non ricomponibili all’interno della band
determinano l’allontanamento di Somerville, sostituito dal vocalist John
John, che però non possiede il carisma e soprattutto la voce
dell’illustre predecessore, e così il successivo album del 1986 si
rivelerà un fiasco totale e sancirà la fine del gruppo (da ricordare
comunque Hit that perfect beat). Somerville dal canto suo è prontissimo
a balzare di nuovo in sella con il nuovo progetto Communards. Due album
per lui insieme al musicista Richard Cole (bellissima la pop song
Disenchanted), prima di dedicarsi, con scarso successo, alla carriera
solista.
Degni di menzione anche i Thompson Twins, che mostrano le cose migliori
negli album Into the Gap e Here the Future’s Day (contenente il
tormentone Don’t mess with Doctor dream). Tra le
prime band che
esplorano i confini del techno-pop sono da annoverarsi i Naked Eyes,
costituiti dal duo Fisher/Byrne, che fanno il botto con la cover di Burt
Bacharach Always something there to remind me, che entra nelle top ten
Usa e il cui video viene trasmesso in rotazione dalla neonata MTV. Due
gli album prima dello scioglimento (il secondo contiene l’hit minore (What)
In the name of love. Fisher poi tornerà nel 1988 con il duo Climie
Fischer. I londinesi Blancmange (che prendono il nome da un tipico dolce
inglese) coniugano le atmosfere alla Talking Heads con gli stili e le
melodie tipiche del british pop. Il duo è composto da Neil Arthur (vocals,
guitar) e Stephen Luscombe (synths), e l’inizio ricalca esattamente
quello dei Depeche Mode, con l’inserimento della loro song Sad Day nella
compilation Some Bizzare del dj Stevo. Fa parte della formazione
iniziale anche il drummer Laurence Stevens, che però viene presto
rimpiazzato da una minuscola drum machine…. Dopo aver firmato con la
London Records, i Blancmange pubblicano i primi due singoli, God's
Kitchen e Feel Me, nel 1982, che entrano nei Top 40 in UK. L’album di
debutto, Happy Families, vende bene trainato dal primo top ten hit
Living on the Ceiling, che si piazza al numero 7 delle classifiche. E’
solo l’inizio che porta i Blancmange a scalare più volte la UK chart:
Blind Vision, Don't Tell Me, la cover degli ABBA The Day Before You Came
diventano dei classici, e anche il secondo album Mange Tout è un
successo, con il duo che ormai nel 1984 può vantarsi di essere tra le
band più in vista del panorama elettronico inglese. La fine arriva nel
1986, dopo il flop del terzo album Believe You Me. Luscombe dà vita al
progetto West India Company, a cui partecipa anche Vince Clarke. Un solo
disco invece – ma che disco! – per i Propaganda, supergruppo costruito a
tavolino da Trevor Horn (Ex Buggles) per la sua etichetta
ZZT. Si
intitola A Secret Wish, e non è azzardato definirlo un capolavoro.
Splendide canzoni pop (Duel) si alternano a episodi più electro-wave
come P-Machinery (video con i manichini appesi), Frozen faces e Dr.
Mabuse, ma non mancano atmosfere eteree e sognanti, soprattutto in Dream
within a dream. Da gustare dalla prima all’ultima traccia, ed è un vero
peccato che i 4 membri del gruppo (tra cui la vocalist Claudia Brucken)
non abbiano saputo reggere l’impatto del successo travolgente arrivato
in pochi mesi. La stessa Brucken farà parte nel 1987 del duo ACT, famosi
soprattutto per il singolo Snobbery & Decay. Chiudiamo il capitolo sul
techno-pop alternativo con un brano: Moments in love (Art of Noise,
1984). Dieci minuti di elettronica seminale di rara intensità. Dedicato
a tutti quelli che respingono le emozioni provenienti dalle macchine.
(Mauro Caproni) |