Dici techno-pop e pensi subito ai nomi che hanno fatto la storia di un genere che, lo si voglia o no, ha caratterizzato in modo definitivo gli eightees. Ma il filone non si esaurisce certo nelle band che in quella decade vanno per la maggiore, e naviga sottotraccia permeando il dancefloor di suoni sintetici anche in paesi che apparentemente con il pop elettronico hanno poco a che fare. Un esempio? La tranquilla e pacifica Svizzera, che ha dato i natali a una Gli Yellodelle band più seminali del genere, quegli Yello sconosciuti al grande pubblico eppure in grado di pubblicare una decina di album di buon livello. Il tutto però, e non poteva essere altrimenti, prende il via da un piccolo basement londinese, dove un giovane appassionato di elettronica decide di investire tempo e risparmi nella musica tecnologica.
Daniel Miller inizia così nel 1978 la sua lunga carriera, di musicista prima e scopritore di talenti poi. Lo fa in modo originale, con uno pseudonimo, The Normal, che diventerà un punto di riferimento imprescindibile per le decine di band elettroniche che a breve vedranno la luce. Un solo singolo ufficiale, Warm Leatherette/T.V.O.D., in seguito coverizzato dagli artisti più disparati – Grace Jones su tutti – che rappresenta insieme alla mitica The Model dei Kraftwerk (dello stesso anno) il primo episodio della fortunata saga del techno-pop. Daniel Miller nei primi anni '80Sempre a Miller è da ricondursi l’esperimento Silicon Teens, boy-band fantasma (composta da lui solo), che spianerà la strada in casa Mute all’arrivo dei mostri sacri Fad Gadget e Depeche Mode. Il disco, Music for Parties, è un inno alla gioia con canzoncine orecchiabili e danzerecce che fanno il verso all’universo musicale americano degli anni ’60. Su tutte T.V. playtime, Chip’n’roll e soprattutto la strumentale State of Shock, in cui è evidente la ricerca sonora che costituirà il marchio di fabbrica di casa Mute.
Ma il contributo decisivo al propagarsi del techno-pop lo dà il singolo
spaccattutto dei Buggles Video Killed The Radio Star. Strano destino, quello
del duo Trevor Horn/Geoff Downes, conosciuto esclusivamente per quel 
fortunato brano, ma in realtà autore di un disco notevole, The Age of Plastic, Video Killed The Radio Star - The Buggles (45 giri)che purtroppo non avrà grande fortuna, sommerso dal ciclone devastante della canzone apripista. In realtà l’album, targato 1980, contiene diversi episodi significativi, a partire dagli altri due singoli The Plastic Age e Clean, Clean, senza dimenticare proprio Technopop – si chiama proprio così la penultima traccia – con cui il celeberrimo futuro Re Mida del pop mondiale celebra il filone che sta prendendo piede in Europa. Una musica suadente, che induce al movimento grazie all’uso massiccio di synth analogici mono e polifonici, dai quali scaturiscono riff irresistibili, e riesce a contaminare anche gruppi che successivamente si sarebbero indirizzati verso altre strade musicali. E’ il caso dei Japan, che si cimentano nel genere in brani come Life in Tokyo, European Son (guidati dall’eminenza grigia Moroder) e Quiet Life, prima di concentrarsi su un’elettronica molto più minimalista e ricercata. Come tacere poi sui gruppi cosiddetti New Romantics. Visage, Spandau Ballet, Classix Nouveaux, Duran Duran e Flock of Seagulls irrompono sulla scena musicale col botto, armati solo di synth e Revox tape-machine, salvo poi ripiegare, poco coraggiosamente, sugli strumenti più tradizionali quando il techno-pop comincia a mostrare le prime crepe, in termini di ispirazione e soprattutto di vendite.
Ad ogni modo, l’omonimo Duran del 1981 rimane una pietra miliare (Planet Earth e Girls on Film ormai sono consegnate alla storia), così come il bellissimo esordio degli Spandau Ballet (Journeys to Glory, anch’esso delI Duran Duran1981), anticipato dal singolo killer To Cut a Long Story Short. Musclebound e Freeze gli altri estratti di un disco davvero bello e fortunato in termini di vendite. Nonostante questo però Hadley e soci non hanno il coraggio di proseguire su questa strada e nei dischi successivi si avvicinano sempre più a un pop tradizionale, accecati dalla rivalità con i Durans costruita ad arte dai media, che con questo dualismo ci campano anni. Dei Visage di Steve Strange si ricorda solo Fade to Grey, e invece la band di cui fanno parte anche alcuni membri degli Ultravox ha al suo attivo due album e una manciata di singoli di discreto successo come Mind of a toy, Damned don’t cry, Love Glove e Nightrain. Stesso discorso per i bizzarri – soprattutto per le acconciature dei capelli - A Flock of Seagulls, che riescono addirittura ad avere un buon successo negli USA (!) prima di finire nel dimenticatoio.
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Con la vastissima gamma di titoli straconosciuti a disposizione (potrebbe venirne fuori un elenco chilometrico), scegliere "Cathode Mamma" dei Krisma tra le 5 magnifiche gemme dell’elettro-pop di ogni tempo potrebbe suonare un tantino azzardato, visto il profilo defilato che la premiata ditta Arcieri/Moser ha sempre tenuto anche negli anni più intensi della sua storia. Ma "Cathode mamma" non è una canzone techno-pop come tante altre. E’, per esempio, quella che insieme a Many Kisses (scarica la tv clip cliccando sul frame in alto) ha importato il nuovo filone elettronico nell’Italietta nazional-popolare, che fino a quel momento si reggeva, per inerzia, sul festival dei fiori e Domenica in, con contorni musicali imbarazzanti. Da lì a breve seguirà l’italian disco, per .....  
                                                      continua per l'mp3 di Cathode Mamma
Many kisses, certo, ma molto altro. Perché se è vero che nella primavera del 1980 il primo episodio in salsa techno-pop del duo più sperimentale d’Italia impazzava sull’airplay radiofonico e nelle piste da ballo (nonché nelle classifiche di mezza Europa), sarebbe profondamente ingiusto ricordare i Krisma solo per questa canzone. Una carriera ventennale, riconoscimenti unanimi dalla stampa estera - di solito ben poco tenera nei confronti della musica italiana (nel periodo americano il nome Krisma compariva, nei grandi magazine USA, al fianco di Soft Cell, Simple Minds ed Eurythmics) - ma soprattutto una vitalità ed entusiasmo difficili da rintracciare anche in chi, oggi, muove i primi passi nel music business. Ho conosciuto Maurizio e Christina una sera del 2002 a Cagliari, al termine di un loro concerto. Una lunga chiacchierata notturna sprofondati nei divani del club Fabrik, con musica elettronica in piacevole sottofondo. E quando 013 ha deciso di dedicare uno special ai 25 anni del techno-pop, è venuto naturale bussare alla porta di chi, in anticipo con le mode, quel movimento ha contribuito ad affermare.

Maurizio, sei diventato musicista nell’era beat, con i New Dada hai fatto da supporter ai Beatles nel 1965, sei passato indenne attraverso il movimento punk per poi diventare uno dei precursori dell’elettronica attuale, fino alle ultime collaborazioni con Battiato e Subsonica. Come Krisma poi vi siete valsi di collaborazioni prestigiose con artisti internazionali (Vangelis e Arto Lindsy su tutti), in Inghilterra addirittura il NME vi aveva paragonato ai Velvet Underground. Come definiresti in poche parole il tuo stile?
Sono in giro ormai da quarant’anni, penso di aver visto davvero di tutto nel panorama musicale. Ho sempre cercato di fare il mio mestiere con coerenza e precisione, nonostante abbiano cercato di etichettarci in vari modi: punk, new wavers, duo techno-pop. Penso sia abbastanza normale se esci con qualcosa di nuovo, di innovativo.

In Italia, nonostante il buon successo dei New Dada, sei diventato celebre con Many Kisses, tormentone estivo datato 1980 che scalò le charts di mezza Europa. Il fatto di aver sempre utilizzato la lingua inglese nell’esperienza dei Krisma secondo te è stato un fattore decisivo nell’affermazione della band?
(Cristina) Abitavamo a Londra e parlavamo in inglese anche tra di noi…. cantare in italiano era come decidere di cantare in polacco. C'è una bella differenza in tutti i sensi!
 


 

 


 

 

 

 

(Maurizio) Anche con i New Dada cantavo in inglese visto che arrivavo già da Londra.

Siamo nel 1980. I Krisma sono reduci dal buon riscontro di Hibernation, che già contiene episodi di elettronica seminale come Aurora B e Gott Gott Electron. Sono le prime avvisaglie del techno-pop, che da lì a breve sfornerà decine e decine di band dal suono sintetico leggero e danzante. Voi, come al solito, siete in prima fila con Cathode Mamma, e insieme a gente come John Foxx, Fad Gadget, Gary Numan e Kraftwerk diventate un punto di riferimento per il filone della wave elettronica...
...ma noi ci consideriamo tra i fondatori della musica elettronica! Abbiamo anche progettato e costruito strumenti atti a suonarla (KRISMINO sequencer), oltre ad elaborare strumenti come il Prophet aggiungendo oscillatori a non finire. Siamo stati definiti anche i Kraftwerk italiani, non so se questo accostamento sia giusto o meno, però a fine anni settanta uscire in Italia con questa roba era davvero innovativo e fuori dagli schemi.

E’ corretto indicare in Many Kisses e soprattutto nell’ipnotica e serrata Cathode Mamma la nascita del techno-pop in Italia?
Beh, insieme a brani come The Model, Are friends electric? e certa roba di John Foxx, le due canzoni citate rappresentano una sorta di antesignano del techno-pop mondiale, non solo italiano.

Avete sempre privilegiato la vostra indipendenza artistica senza nessun compromesso. L’esempio più calzante è il disco del 1982, Clandestine Anticipation. Dopo il grande successo del lavoro precedente, in molti ipotizzavano un proseguimento sulla strada del techno-pop più melodico, in linea anche con quanto richiesto dal mercato discografico. E invece col cambio di etichetta (dalla Polygram alla CGD) arriva un disco ultrasperimentale, dalle sonorità incredibili ma di scarso impatto commerciale. Sono passati oltre vent’anni, rifaresti quella scelta coraggiosa?
Certamente! Non puoi avere idea di quanto ci siamo divertiti in quegli anni a fare qualcosa mai sentita precedentemente. Avevamo accesso a macchine straordinarie per l'epoca, e riuscivamo ad utilizzarle nel migliore dei modi. Credo che Clandestine Anticipation sia un disco avanti, che suona bene anche oggi. Eravamo in una fase di ispirazione assoluta, credo che tu non puoi ordinare alla tua creatività di stare zitta. Alla creatività non piacciono i precedenti successi, ecco perché ci siamo allontanati da quello che tutti si aspettavano da noi dopo Cathode mamma.

Parliamo di Clandestine Anticipation, il vertice creativo toccato dai Krisma. Avete pubblicato un lavoro avanti come minimo di un decennio. Basta ascoltare Miami, che apre il disco: un viaggio memorabile di quasi sette minuti attraverso echi di techno minimale e house ipnotica (attenzione, siamo nel 1982…), sperimentalismi avant-garde e frasi sincopate in sottofondo che provengono da Christina. L’album ha come filo conduttore l’acqua, in tutte le sue manifestazioni. Come mai questa scelta?
I
n quel periodo ci stavamo occupando di ricerca scientifica, ci interessava il fenomeno dell’ibernazione. Pensiamo che l’acqua è l'unica sostanza liberatoria, piena di vitalità, con tutte le sue conseguenze, il minerale che si muove, quello sottomano a cui pensare più profondamente.
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   Metamatic
  Underpass - The Thin Wall

John Foxx (pseudonimo di Dennis Leigh) nasce a Chorley, nel Lancashire, dove fin da piccolo si dedica agli studi d’arte frequentando tre diverse accademie, prima di rendersi conto che la musica è la sua vocazione. Decide così di dare vita ad una band, gli Ultravox, che in questa fase annoverano il tastierista/violinista Billie Curry, il chitarrista Steve Shears, il bassista Chris Cross ed il batterista Warren Cann.
Dopo un esordio contraddistinto da uno stile ruvido ed aggressivo, gli Ultravox optano decisamente per una forma di rock un più decadente e sofisticata, influenzata dai primi Roxy Music. Purtroppo per loro, in questo periodo la musica britannica imbocca la strada del punk e la rivoluzione neo-romantica di Steve Strange è ancora lontana, ragion per cui la band non trova un contesto idoneo ad accogliere la sua particolare forma espressiva e rimane quindi vittima di molte incomprensioni e diffidenze, come attesta il netto fallimento commerciale del loro primo omonimo disco, pubblicato dalla Island nel 1977, e che pure può vantare la produzione di Brian Eno.
Forse anche a causa di ciò, John Foxx, leader carismatico e autore di tutti i testi e le musiche del gruppo, decide di imprimere una virata verso l’elettronica, e infatti il successivo disco Ha! Ha! Ha! (1978) spiana la strada del futuro: la ripetitività robotica di Rockwrok, l’introduzione glaciale di Frozen Ones e l’elettronica fascinosa di Hiroshima Mon Amour orienteranno in maniera decisiva la carriera solista dello stesso Foxx e contribuiranno ad influenzare in modo determinante tanti altri artisti negli anni a venire, Gary Numan in primis, che sfrutteranno abilmente la lezione di Foxx per scalare le classifiche mondiali.
Questi elementi risultano accentuati nell’ultimo disco degli Ultravox guidati da John Foxx, Systems of Romance, sempre del 1978, prima che l’artista britannico decida di abbandonare il gruppo, a causa di contrasti con Billie Curry sul percorso musicale da seguire.
Dopo un periodo di riflessione necessario per riordinare le idee, John sceglie di affidarsi alla Virgin, nella volontà di salvaguardare la propria autonomia artistica: infatti ottiene che la casa discografica distribuisca l’etichetta privata che egli stesso fonda ispirandosi alla Obscure Records di Brian Eno. Nasce così la Metal Beat, che pubblica nel marzo 1980 il suo primo lavoro solista: Metamatic.
L’album è ancora oggi considerato l’autentico capolavoro di Foxx e una pietra miliare della musica elettronica contemporanea.
Metamatic rappresenta uno sconcertante viaggio in un incubo futurista, fatto di gelide architetture sintetiche, dei rumori opprimenti della civiltà industriale (Metal Beat), di distanze incolmabili tra individui anonimi e informi (He’s A Liquid, Blurred Girl), di irrimediabile solitudine e abbandono (No-One Driving), in una totalizzante compenetrazione tra uomo e macchina (A New Kind Of Man).
In effetti, Foxx qui riprende stilisticamente l’approccio rigorosamente elettronico dei Kraftwerk, sia pure nella forma più tradizionale della canzone.
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  The Man-Machine
 The Model - Computer Love

I Kraftwerk non sono esponenti del movimento electro-pop: ne sono gli autentici fondatori.
Gli Ultravox, gli Human League, i Devo, i primi Simple Minds, Gary Numan, gli Orchestral Manoeuvres In The Dark, i Soft Cell, i Depeche Mode sono semplicemente inconcepibili se si postula la non esistenza dei Kraftwerk, la cui influenza in verità si estende ben oltre i confini di questo genere, ponendo la band nell’olimpo dei gruppi più importanti della musica contemporanea.
Il pilastro fondativo dei Kraftwerk nasce dall’incontro di due giovani studenti al conservatorio di Düsseldorf: Ralf Hütter e Florian Schneider, che scopriranno di essere accomunati da numerose affinità a livello di gusti musicali  e dalla passione per l’avanguardia.
I loro primi esperimenti sonori sono piuttosto grezzi, ma già si può intuire l’interesse per la sperimentazione che caratterizza altri gruppi della fertile scena tedesca di quegli anni (Can, Popol Vuh, Amon Duul). Hütter e Schneider danno così vita agli Organisation, il cui primo e unico album, Tone Float (1970), è un impasto di rock tradizionale e squarci di psichedelia in cui si possono cogliere assonanze con i Velvet Underground ed i Pink Floyd di Ummagumma, senza che tuttavia venga concesso nulla ad aperture melodiche.
Già nel 1970, però, i due sciolgono la band per dare vita ai Kraftwerk (nome che significa “centrale elettrica”), la cui formazione include: Ralf Hütter (piano, tastiere), Florian Schneider (flauto, violino e percussioni elettroniche), Andreas Hohmann (batteria) e Klaus Dinger (batteria).
Dopo aver sottoscritto un contratto per la Philips, tra il 1970 ed il 1973 il gruppo compone tre album: Kraftwerk 1, Kraftwerk 2 e Ralf & Florian che, nell’insieme, esprimono un forma di rock d’avanguardia, intellettuale e aperto alla sperimentazione più estrema, anche mediante un primo approccio all’impiego di rudimentali apparecchiature elettroniche.
Ma è Autobahn (1974) il disco della svolta, che vede il gruppo abbandonare di fatto gli strumenti tradizionali come chitarre, batteria, flauto, a favore di una massiccia introduzione dei sintetizzatori, in funzione di una musica più accessibile e persino ballabile, come testimonia in particolare la stessa title track: una suite che si snoda per ventidue minuti la quale combina i tipici rumori prodotti dalle auto in movimento (clacson, motore, pneumatici) con una piacevole, rilassante melodia sintetica, sorretta da un ritmo regolare e uniforme, dando la sensazione di percorrere idealmente un viaggio lungo un’autostrada.
Spiega lo stesso Hütter: “Düsseldorf, la città in cui viviamo, è il centro della più grande zona industriale tedesca. La nostra musica è quella della realtà urbana, con i ritmi e i suoni che producono le fabbriche, i treni e le automobili. Lavoriamo in questo contesto e ne siamo influenzati, come degli operai della musica, per otto-dieci ore al giorno nel nostro studio di registrazione. Amiamo i computer e le macchine che noi stessi ci siamo costruiti, con esse abbiamo una relazione semi-erotica”.
Altra perla del disco è Kometenmelodie, brano suddiviso in due sezioni, con la prima, permeata da sonorità cosmiche alla Tangerine Dream, che poi esplode letteralmente nella seconda in un trascinante crescendo emotivo.
Autobahn determina un’impennata anche dal punto di vista commerciale, imponendosi sorprendentemente negli Stati Uniti, dove una versione ridotta della title track, uscita come singolo, raggiunge i vertici della classifica.
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  Orchestral Manouvres In The Dark
 Enola Gay - Electricity

Gli Orchestral Manoeuvres In The Dark sono costituiti da Paul Humphreys (tastiere, percussioni elettroniche) e Andy McCluskey (voce e stessi strumenti più il basso).
Il nome del gruppo deriva da una delle prime composizioni di McCluskey, in cui, ancora giovanissimo, rivela già le sua inclinazioni alla sperimentazione più estrema sfruttando e miscelando arditamente interferenze radiofoniche, rumori registrati dalla televisione e percussioni glaciali.
Orchestral Manoeuvres In The Dark è anche il titolo del primo disco della band, pubblicato dalla Dindisc nel febbraio 1980, il quale è un eccellente album di pop elettronico, in cui i suoni sintetici, lungi dall’essere esperimenti un po’ fini a se stessi come nei primi, velleitari tentativi del gruppo, assumono al contrario una struttura definita ed equilibrata, ponendosi al servizio, ma senza sovrastarle, delle sfavillanti melodie elaborate dal duo.
Red Frame / White Light, Electricity e Messages sono i singoli estratti, che alimentano larghi consensi da parte del pubblico e persino della critica.
Il successo clamoroso ed inatteso del disco coglie però completamente impreparati Humphrey e Mc Cluskey che, introversi e poco adatti ai ritmi e ai vorticosi meccanismi dello show business, faticano a controllare le crescenti tensioni cui sono sottoposti, precipitando in uno stato di depressione che li porta addirittura a pensare seriamente di ritirarsi dalle scene non appena pubblicato il secondo album.
Organisation (1981) risente in effetti di questa atmosfera di disagio e malessere interiore, come dimostra la pressoché totale assenza di brani pop spigliati e briosi come quelli che dominavano il primo disco, che qui lasciano invece spazio a composizioni cupe, frammentarie, problematiche, influenzate dai Joy Division di Closer. Fa eccezione la piacevole Enola Gay, destinata a diventare senza dubbio il brano più celebre del duo.
Più coeso e lineare, anche se meno coraggioso, appare Architecture & Morality (1981), che con Souvenir e Joan Of Arc, brani pop di facile presa, regala alla band i primi successi Oltreoceano.
Le canzoni ora risultano più morbide, accessibili e certo tutt’altro che raggelanti come nel disco precedente, anche se faticano a ritrovare quell’immediatezza e quella freschezza che avevano contraddistinto il primo lavoro del duo.
Sarà invece Dazzle Ships (1983) a riuscire nell’intento di coniugare organicamente l’efficacia di certe melodie, come il technopop accattivante di Telegraph e International, ad episodi più complessi, come Radio Prague e Radio Waves, che testimoniano sin nei titoli il debito nei confronti dei Kraftwerk di Radioactivity.
Dazzle Ships rappresenta invero l’ultimo disco degli OMD più elettronici e sperimentali: da questo momento in poi, i lavori del gruppo virano decisamente verso una direzione ben più commerciale che non mancherà di riservare al duo anche vari successi da classifica, specie negli USA.
Tuttavia, si tratta di opere abbastanza effimere e in ogni caso molto meno rilevanti ai fini della nostra trattazione.
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